L’infilata di stanze che ospita le collezioni di secondo Seicento e di Settecento custodisce integro l’antico aspetto del Palazzo, conservandone pavimenti e soffitti lignei originali.
Oggi vi trovano posto dipinti, sculture e arredi che provengono dal territorio e raccontano di luoghi scomparsi. Come la chiesa di Santa Marta a Varallo, atterrata negli Anni Trenta, da cui proviene il ciclo di teleri di Pier Francesco Gianoli, o il gruppo plastico in terracotta già nella cappella di Sant’Anna al Sacro Monte, distrutta un decennio più tardi, fino alla pala d’altare dell’antico ospedale della Santissima Trinità, dalla metà del Cinquecento luogo di accoglienza per i pellegrini che raggiungevano Varallo.
La collezione dei marchesi d’Adda un tempo nel palazzo varallese, ancora oggi esistente, di questa influente famiglia arrivata in Valsesia da Milano alla metà del Cinquecento, imprime un cambio di registro.
I soggetti sacri cedono il passo a una galleria di ritratti, paesaggi, allegorie e nature morte che raccontano uno spaccato di collezionismo privato.